giovedì 24 dicembre 2009

D'Alema e l'arte di farsi del male



Chiamatelo come volete, “eterno ritorno,” “la storia si ripete,” ma non parlate di inciucio. Stavolta bisogna dare ragione a D'Alema: l'ennesimo prodotto dell'ormai collaudato asse con Berlusconi non è un inciucio, ma molto peggio. Alla base di un inciucio, infatti, vi è l'ottenimento di vantaggi da parte di tutte e due le forze politiche che vi partecipano. Il Pdl (o meglio, Berlusconi) ha davanti a sé una miniera: dal legittimo impedimento – che consentirà al Presidente del Consiglio di governare fino al 2013 ben al sicuro dai processi – alle cartucce da sparare ai prossimi comizi, l'Amore e la pacificazione del clima politico (aggiornamento dei sondaggi in vista?). Sponda Pd adesso... Dalle finestre di Via S. Andrea delle Fratte D'Alema, novello Giovanni Drogo, osserva il suo personale Deserto dei Tartari. Il Pd non otterrà alcun beneficio da un accordo sulle riforme con Berlusconi. Il dialogo sarà un nuovo regalo alla maggioranza, che ringrazia anticipatamente l'immobilismo dell'opposizione.

Recentemente, D'Alema ha paragonato questa possibile manovra al realismo politico di Togliatti, ai tempi degli scontri ideologici sull'articolo 7. Il rapporto è azzardato, per non dire totalmente sbagliato: la realpolitik togliattiana teneva conto di un contesto sociale del tutto particolare. Il Pci non poteva estraniarsi dalla realtà cattolica dominante nello strato sociale del Paese, anche perché tra le file dello stesso Pci vi erano anime cattoliche, e soprattutto ci si trovava di fronte all'occasione per porre fine allo scontro tra i laici e la Chiesa. Va da sé che un accordo con De Gasperi era necessario per erigere solide basi (anche di elettorato) alla nascente democrazia italiana.
La cultura azionista di D'Alema non si poggia su basi ideologiche concrete. Il paragone non regge poiché il contesto storico e le finalità che intervengono nella gestazione di questa nuova apertura al centrodestra non posseggono la stessa drammaticità e necessità della svolta del Pci in quell'Italia del dopoguerra.

Il Pd dovrà presto fare un auto-esame delle sue strategie. Banco di prova fondamentale saranno le elezioni regionali di marzo, in cui sarà in gioco buona parte della sua credibilità. Lo stato di salute del suo elettorato, sempre più scontento dalla condotta di una dirigenza che ormai stenta a capire, è ben visibile dalla lettera di Gabriele Zamparini indirizzata ad Ignazio Marino, e pubblicata su MicroMega (qui il link).
Veltroni prima, Bersani poi, hanno commesso l'errore di immaginare l'elettorato indeciso come un elettorato di centro, da qui la svolta centrista del Pd. In reltà, ad un elettorato indeciso va aggiunta un'altra categoria: quella dei delusi. Il Pd dovrebbe guardare a tutti quegli scontenti, smarriti nella competizione elettorale a causa della mancanza di una vera forza unitaria di sinistra. Sempre in bilico tra le diverse anime che navigano al suo interno, si è aperta una questione ideologica tra i democratici, che rischia a lungo andare di polverizzare questo partito mai-nato, che sta perdendo il contatto con la sua base.


Foto: Ansa

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