martedì 29 dicembre 2009

Tempo di bilanci (musicali)


Parte 1: Considerazioni

Anche quest'anno spuntano di nuovo fuori le care reunion. I '70 sono passati da un pezzo, ma fa figo immaginarsi negli anni d'oro. Vecchi gruppi che si rincontrano dopo anni, che si credevano ormai persi di vista, adesso con la voglia di dimostrare che hanno ancora tanto da dire, che la loro stagione non è finita, o forse – e probabilmente nella maggioranza dei casi – decidono di rispolverare le fidate chitarre per allentare la morsa di creditori che hanno dentro casa i loro dischi, e salgono i gradini che li riportano sul palco, gradini che tanto tempo prima, neanche lo ricordano più ormai, divoravano a due a due. Si sentiranno ridicoli ancora lì sopra, a seguire a stento, con la voce che gli rimane, un brano al quale hanno stravolto la tonalità: sorridono, quasi per dire “ragazzi, non ce la facciamo più.” E', come sempre, anche l'anno delle comete. La stampa le saluta come i nuovi questo o quello dei tempi andati, la nuova regina del pop, il nuovo re della dance, mentre i ragazzini fanno quasi a botte in prima fila, tutti alla ricerca di un trofeo da riportare a casa, la maglietta, il plettro, o perché no, uno sputo, roba da vantarsi il giorno dopo in piazza con gli amici. Che tanto poi il pezzo te lo ascolti a giugno, e lo butti a metà settembre, perché al rientro a scuola serve una nuova playlist sull'iPod. Il poster che avevi in camera lo stracci e guardingo, lo vai a buttare nel secchione all'angolo, perché se qualcuno ti vede con quella roba in mano, pensa pure che stai ancora appresso a Quello, il cantante sfigato dell'estate.
C'è chi poi riesce anche a non farsi dimenticare del tutto, e ci riprova a fare il botto dell'anno prima, solo che stavolta il botto è letterale. E' un copione già visto: il ballerino/cantante che presenta il nuovo album, anzi, un best con due inediti, ovvero il vecchio album più due pezzi (tanto le ragazzine mica lo capiscono) perché la formula sembra vincente. Vendite pari a zero e via, cacciato a pedate dalla casa discografica.
Se tu, cantante, ancora sei tra noi, allora la dea bendata deve aver preso una cotta per te. Ma niente di grave, la risposta c'è già. Per il 2010 è in cantiere un album interamente in italiano, perché le fans vanno premiate, anche se la verità sai bene qual'è: è che solo in Italia ormai ti si cagano, allora a che pro altri pezzi in inglese? Tanto vale fare lo sforzo, chiamare Moccia per due testi del cazzo, con il ponte tra ritornello e strofa ornato di lucchetto; tournée da San Siro a Piazza del plebiscito, per poi risalire all'arena di Verona (Wembley non te lo danno più). Ultimi fuochi di una carriera finita a 26 anni, da oggi feste di compleanno e matrimoni, forse ti ci scappa l'isola. E pensare che una volta sognavi di essere Neil Young...


Parte 2: Significativo

Da principio, qualche piccola avvertenza.
Punto primo: questa non è una classifica; secondo, non sono considerati né i passaggi dei video su Mtv, né il numero di download su iTunes.

Qualche sorpresa quest'anno ce l'ha riservata. Di sicuro i fan dei British Sea Power ci sono rimasti quando hanno messo nel lettore il loro nuovo album, Man of Aran. Album post-rock (e che post-rock!) nato per sonorizzare il documentario muto omonimo del 1934, di Robert J. Flaherty. A molti suonerà totalmente estraneo, ma una o due scene sono famose: è una delle “cagate pazzesche” insieme alla Corazzata Potemkin, nel Secondo Tragico Fantozzi.
C'è il disco di Yonlu, la cui tragica storia dovrebbe far riflettere tutti.

Ma il 2009 rappresenta anche la fine del decennio, ed è tempo di bilanci. Gli anni zero ci hanno regalato i Sigur Ros, i Radiohead, Capossela, Le luci della centrale elettrica, Burial e Anthony & The Johnsons (una rappresentanza, sarebbe impossibile citare tutti). Altri invece si muovono all'oscuro del mercato e dei grandi eventi. Frustrazione, e al tempo stesso libertà assoluta, generano capolavori come la trilogia delle Songs.
Matt Elliott, fareste bene a cercarlo.



Foto: Marat

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